Cronaca dell’Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli Arrestati il 12/02/07 sull’udienza del 27 maggio del processo d’Appello in corso a Milano contro i compagni e la compagna arrestati nell’ambito dell’operazione “Tramonto”.
Importante mobilitazione di solidarietà internazionalista al processo di Milano!
Fuori dall’aula
Nonostante la pioggia, un affollato e determinato presidio di oltre 150 persone ha accompagnato per tutta la giornata l’udienza del 27 maggio. L’aula è stata riempita costantemente dalla calorosa presenza di parenti e amici, colleghi di lavoro degli imputati e da compagni solidali di delegazioni arrivate da diverse parti d’Italia e d’Europa. La delegazione del Soccorso Rosso Internazionale, formata da rappresentanti giunti dalla Germania, dal Belgio, dalla Svizzera e dalla Spagna è stata la miglior risposta all’attacco repressivo sferrato dalla magistratura belga, in combutta con quella italiana, con gli arresti del 5 giugno 2008 di militanti del Soccorso Rosso, da tempo tutti liberi.
Corso di Porta Vittoria è stato colorato da una miriade di striscioni per la libertà dei compagni, contro il carcere imperialista e la repressione, contro l’isolamento, il 41 bis, la differenziazione e le carceri confino. Il rumore del traffico milanese è stato più volte sovrastato da cori di slogan e da interventi al megafono. A metà mattinata il presidio si è trasformato in blocco stradale incurante della minaccia di carica della sbirraglia.
Il presidio ha espresso anche la piena solidarietà ai compagni, dell’inchiesta 10 giugno 2009, in udienza preliminare a Roma nella stessa giornata.
Dentro l’aula
La parola alla difesa e agli imputati.
La difesa
L’avvocato Giuseppe Pelazza, in una lunga, meticolosa e avvincente arringa, accolta da un fragoroso applauso del pubblico presente in aula, ha espresso le motivazioni del ricorso in appello.
Una arringa di denuncia sull’utilizzo dei reati associativi contro la lotta di classe e rivoluzionaria e sui metodi poco ortodossi con cui è stata costruita l’inchiesta ed è stata emessa la sentenza di primo grado.
Una denuncia chiara e precisa utile a capire, oltre a questo specifico processo, come oggi vengono costruite le inchieste ed emesse le sentenze.
Diffonderemo appena possibile integralmente tutta l’esposizione.
In sintesi
La prima parte dell’intervento dell’avvocato ha esposto le motivazione della richiesta di nullità della sentenza:
- Molti faldoni sono stati inseriti nelle carte dell’accusa dopo la chiusura delle indagini preliminari, in particolare quelli riguardanti la presunta e impossibile connivenza dei compagni con l’infame Maniero e la sua banda e quello riguardante la solidarietà. La comparsa di Maniero voleva essere utile a gettare fango sugli imputati e a garantire la spettacolarizzazione del processo. Stile, questo, adottato costantemente dall’accusa.
- La sospensione dei termini proposta dalla pm Bocassini, e accettata dalla Corte di primo grado, è stata illegale in quanto introdotta per la criminalità organizzata e poiché c’era già una norma esistente fin dal 1995 applicabile per reati di “terrorismo”. Pelazza ha espresso la sua irritazione per questo non essendoci nessuna possibilità di vicinanza degli imputati con la mafia dicendo: “Tirate la corda del diritto in modo troppo vistoso, se il reato è politico non potete applicare il diritto usato per la criminalità organizzata”.
- Non sono ammissibili le “informazioni fiduciarie” del SISDE (Servizio di Intelligence). A questo proposito ha citato alcune sentenze e scritti di Spataro in cui si afferma che possono essere utilizzate solo se sono riconoscibili fonti e definizioni e si dice che i prigionieri hanno diritto a un giusto processo.
- In sentenza è stato riconosciuto un danno a Ichino per la scorta che ha dovuto “subire”: 5 mesi, 100.000 euro, 20.000 euro al mese! Non c’è stato nessun danno, innanzitutto perché è stato dimostrato in primo grado che tutta la vicenda è falsa e poi perché la scorta c’era già fin dal 2003. Lo scriveva allora, tutto tronfio, lo stesso Ichino sui giornali. Noi possiamo, su questo personaggio, esprimere solo il nostro disprezzo: un uomo vestito subdolamente di sinistra per nascondere l’uomo profondamente di destra, incarnazione vivente del concetto espresso a suo tempo da Gianni Agnelli, che la politica di destra si fa meglio con la sinistra. E non possiamo scordare che gli arresti sono scattati per il pericolo “omicidiario” grazie proprio a una falsa intercettazione fornita dalla questura alla Bocassini in cui i compagni avrebbero detto: “Siamo pronti ad ammazzare Ichino”.
- Sono stati cambiati, prima di entrare in camera di Consiglio ben tre Giudici Popolari per futili motivi! Ciò è inammissibile. Ci sono sentenze di Cassazione che hanno annullato processi di primo e secondo grado per l’esonero di un solo giudice.
- Le perizie sulle intercettazioni, su cui si basa principalmente tutta l’inchiesta, sono state fatte su copie delle stesse e non sugli originali e, addirittura, non è documentato chi e come ha fatto queste copie! L’intercettazione da cui è stato costruito il falso di Ichino è tratta da un’intercettazione più lunga in cui addirittura i compagni vengono intercettati da molto prima del loro arrivo sul luogo (ci sono le relazioni della digos che notano, al minuto, gli orari precisi in cui i compagni arrivano). A proposito delle intercettazioni Pelazza esprime il suo disappunto sul fatto che il Giudice a latere Enrico Scarlini, estensore delle motivazioni della sentenza, sembra proprio che si vanti di non averle ascoltate. Per di più non ha nemmeno ascoltato le costose registrazioni del dibattimento: nella sentenza non c’è nemmeno un riferimento ad esse!
- Non è chiaro come siano state trovate le armi, le versioni di Pifferi (capo della digos di Padova) con cui il Rossin (coimputato dei compagni divenuto loro accusatore) già due giorni dopo l’arresto ha chiesto di parlare, sono contraddittorie. Ci sono molte “stranezze” che emergono dalle carte processuali sia sulle armi che sulle diverse e successive versioni del Rossin che, mano a mano che passa il tempo, si allineano con ciò che dice l’accusa.
Oltre alle motivazioni delle nullità l’avvocato denuncia le troppe “malignità” utilizzate per stilare la sentenza, indice piuttosto di un metodo adottato nel scriverla che di semplice “cattiveria”. Sono state infatti utilizzate “prove” non ammesse al dibattimento fino ad arrivare al ridicolo di accusare un compagno dell’acquisto di un’arma da un altro imputato che è stato assolto dal reato di averla venduta!
L’arringa è poi proseguita con la denuncia dell’uso dei reati associativi, in particolare del 270 bis figlio del 270 proveniente dal codice fascista Rocco, modificato col bis e l’aumento di pena da Kossiga nel 1979 e ulteriormente peggiorato nel 2005 con l’aggiunta della dizione “terrorismo internazionale”. Viene ricordato che la Cassazione negli anni 50 aveva abrogato questo articolo perché fascista. Viene denunciato che questi reati ora sono usati a piene mani preventivamente per reprimere la lotta di classe con la logica: “Ti puniamo non per quello che hai fatto ma per quello che sei”, il reazionario concetto della “Colpa d’autore”.
A questo proposito ricorda come, a differenza dei compagni che sono stati ritenuti colpevoli e come tali trattati e sbattuti, oltre che in galera, come mostri in prima pagina, Mario Mori, venuto a testimoniare anche in questa aula, capo del Sisde durante questa inchiesta, ora è sotto processo accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e per lui vale la presunzione di innocenza. Stesso succede per Giampaolo Ganzer, comandante del Ros dei Carabinieri che, sotto processo a Milano con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, peculato e falso e per il quale è stata chiesta una condanna a 27 anni di carcere. Ganzer e Mori naturalmente oltre che a essere liberi occupano posti da dirigenti all’interno delle istituzioni!
A questo proposito l’avvocato ricorda che la pm Bocassini ha mentito in aula quando ha affermato che le “rivelazioni” del Sisde non sono state utilizzate per l’inchiesta mentre è di questo mese l’articolo sul “Il sole 24 ore” in cui, a proposito dell’inchiesta sulle porcherie italiane e il caso Anemone, viene scritto che la stessa si è complimentata per il prezioso contributo dato dagli agenti del Sisde per incarcerare i compagni.
Pelazza prosegue sul reato associativo dicendo che l’associazione deve essere idonea a ledere il bene protetto che in questo caso è lo Stato e cita nuovamente Spataro assertore di questo concetto giuridico. Deve esserci idoneità offensiva, sentenze sono state annullate perché non realizzavano tali requisiti, come ad esempio quella contro gli anarchici torinesi che, purtroppo, ha visto nel 1998 due compagni “suicidi”, Sole e Baleno.
In questo processo si è dimostrato che non esiste idoneità offensiva, ma si è di fronte ad atti preparatori per punire i quali esiste già l’art. 18 della famigerata legge Reale. Si giunge al paradosso di dover chiedere l’applicazione di una tale legge reazionaria!
Inoltre andrebbe applicato il semplice 270 modificato nel 2006 riferito al territorio nazionale e non il 270 bis modificato nel 2005 che ha l’aggiunta “terrorismo internazionale”e nel quale è ben specificato che le azioni devono essere “idonee”.
Ma la prova regina della sentenza è la “Confessione” degli imputati, ovvero il loro documento allegato agli atti in Primo Grado, in cui si parla di analisi della situazione attuale e di necessità della lotta di classe e di quella rivoluzionaria, quindi, viste le prove, non c’è nemmeno il 270!
L’avvocato lascia alla Corte le conclusioni.
I compagni dalla gabbia
Il compagno Claudio Latino interviene a nome del Collettivo Comunisti Prigionieri “L’Aurora” e del militante comunista Massimilano Toschi. Denuncia l’uso mistificatorio del documento consegnato ai giudici della Corte in Primo Grado che lo hanno trasformato in prova regina di confessione. Evidentemente, influenzati dal clima di Inquisizione che vive oggi l’Italia, hanno avuto il bisogno di creare una prova regina e ciò è chiaramente nato dalla mancanza di prove. La volontà punitiva si è espressa anche aggiungendo al documento una firma che non c’era, quella di Bruno Ghirardi, per colpirlo per la sua indomabile identità di rivoluzionario.
Il compagno ha poi spiegato che non hanno nulla da confessare e nemmeno nulla da spiegare alle Corti della giustizia borghese che sono quelle che assolvono i padroni assassini per l’eternit, per le morti sul lavoro, che coprono le stragi di stato. Invece hanno molto da spiegare alla loro classe, sul perché sono in una gabbia del tribunale borghese in veste di imputati e ringraziano calorosamente la loro classe per la solidarietà che ha manifestato in questi anni nei loro confronti.
“La nostra verità è che siamo qui per una società nuova, questo è un processo politico e fa parte di un’offensiva più generale che vede la polizia contro gli operai che lottano e contro i movimenti…La crisi è a un punto critico e per questo l’offensiva reazionaria è maggiore…”
Ha spiegato che la loro è solo una piccola esperienza per la costruzione di un Partito Comunista –pm in grado di porre la questione di come strappare il potere dalle mani degli sfruttatori e che la repressione non potrà fermare il divenire della storia perché, citando Marx e la lucidità con cui le sue analisi sono applicabili alla situazione attuale, a suo tempo scrisse: “Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono nelle loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. …”
Appena disponibile faremo circolare l’allegato agli atti prodotto dai compagni
Il Pubblico
Un folto pubblico stipato nell’aula ha accolto l’intervento dei compagni con un lungo e commosso applauso seguito da slogan, pugni chiusi e striscioni alzati a cui rispondevano i compagni da dietro le sbarre.
La presidente della Corte Maria Luisa Dameno ha subito invocato lo sgombero dell’aula, ma dopo qualche minuto, vista l’impossibilità dello sgombero, si è ritirata assieme a tutta la Corte.
La Corte ha così subito paradossalmente la mistificatoria linea assunta per la gestione forcaiola di questo processo: massima pubblicità, ostentazione di forza e messa in mostra dell’apparato ogni volta che parlava l’accusa, silenzio tombale per le giornate in cui parla la difesa. Infatti in aula il 27 c’erano pochissimi sbirri e, guarda caso, nemmeno un giornalista. Quando parlò la Bocassini, i suoi testi incappucciati, quando venne Ichino c’erano, in numero allucinante, ogni tipo di sbirri e l’aula illuminata dalle telecamere dei massmedia. Per la “pericolosità” degli imputati sono state messe le doppie griglie alla gabbia e addirittura, dopo un anno di udienze, misero la scorta a Luigi Domenico Cerqua che presiedeva la Corte di Primo Grado.
Il 27 maggio, improvvisamente, tutta la pericolosità degli imputati e del pubblico era svanita!
Evidentemente credevano che a tre anni e mezzo dagli arresti la solidarietà fosse scemata e, comunque, non volevano dare pubblicità alla difesa! Ma la solidarietà e la lotta non si fermeranno e saranno più forti del silenzio e delle menzogne dei mass media.
Va sottolineata la zozza ipocrisia dei mass media della sinistra borghese, particolari sostenitori delle “toghe rosse”, che, in questo periodo, non parlano altro che di diritto all’informazione sui processi e lanciano campagne e mobilitazioni: le bugie hanno sempre le gambe corte!
Invitiamo tutti a presenziare alla lettura della sentenza che si terrà il 24 di Giugno
Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli Arrestati il 12/02/07
parentieamici@gmail.com.it – www.parentieamici.org
29/5/2010